MARAMMÉ

di Rosario Salvati

con Sasà Trapanese
regia di Gigi Savoia

spettacolo di prosa

Caverne, cunicoli silenziosi sotto i palazzi secolari del centro. Dall’alto un cono di luce fende il buio e colpisce il suolo sul fondo del pozzo, il grembo muto della memoria. In scena un uomo, una figura evocata forse dal suo stesso passato di cui ricorda ogni suono, ogni voce, ogni istante. È qui che Marammé, interpretato da Sasà Trapanese, parla ai suoi fantasmi, rivive il suo dramma: l’uccisione del fratello Giacomino – piegatosi alla malavita dei vicoli – a cui assiste non visto e di cui non rivelerà mai gli assassini.

Il senso di colpa di Marammé si consuma in un racconto che viene come un’eco dal fondo del pozzo in cui precipitò quando era bambino e dove ritorna con la memoria per ritrovare l’amore di sua madre e la protezione del suo grembo.

Ogni giorno Marammé risolve così la sua urgenza: si abbandona a quel raggio fecondo che viene dall’alto e torna a essere figlio concepito ancora chiuso nel feto.
Ogni giorno Marammé torna a immergersi in quel liquido caldo che attenua ogni dolore e da cui può trarre la forza per continuare a vivere, per raccontare la sua storia, senza rimanerne straziato.

Marammé, un eroe dei nostri giorni, testimonia così che la gioia più grande si trova nella libertà, nella forza di scartare le scelte più facili, di non fare della dignità l’oggetto di un meschino baratto, di sorridere anche alla follia che gli viene scaraventata addosso per coprire verità che non vanno gridate.