CONVERSAZIONE CON LA MORTE

conversazione-con-la-morte-antonio-ferrante-ph-nina-borrelli03Conversazione con la morte

di Giovanni Testori
con Antonio Ferrante

Conversazione con la morte, scritto nel 1978, coincide con la conversione di Testori alla religione cattolica e racconta di un attore che ricorda il proprio passato sulle grandi scene riflettendo sulla caducità di ogni azione umana: la morte della mamma che apre una speranza futura per essere accolto anche lui nell’aldilà, l’amore giovanile per una compagna di lavoro e riflessioni che s’intrecciano al dato biografico della conversione dell’autore.
Testo di grande forza drammatica, espressione significativa della scrittura multiforme di Giovanni Testori, tra i più importanti intellettuali italiani del Novecento, sottende un vissuto biografico forte: il narratore è un vecchio autore-attore quasi cieco, segnato dalla morte della madre e da quella dell’amico discepolo, e quello che recita è pensato come il suo ultimo monologo, detto dal sottoscala, dalle assi del teatro in cui si è rifugiato per l’ultima volta.
«Questa mia regia – scrive Antonio Ferrante in una nota – parte da una suggestione che m’intriga molto: la vicenda dell’attore che ritorna nella casa-teatro, dove ha mosso i primi passi in scena agli inizi della sua carriera teatrale. La confessione pubblica del vecchio attore racconta la sua vita professionale e privata, dando valore alla parola drammaturgica nella forma del monologo, che per Testori è il nucleo del teatro tragico».
La  narrazione senza scena e senza azione, si avvale di una scenografia composta da pochi elementi e di brevi intermezzi musicali, e seppure il testo originale sia pregno di spunti di religiosità marcatamente cattolica, Antonio Ferrante tenta di farne un adattamento laico, invito a riflettere sull’idea che la morte non sia annullamento e fine ma inizio di una nuova vita.