di e con Marica Nicolai
spettacolo di prosa
Nel 1993 John Frazee inventa “il paradosso del gatto imburrato”: prendiamo un gatto e leghiamo una fetta di pane sul suo dorso. Ora lasciamo cadere il gatto. Indovinate cosa succede. Mentre l’animale tenderà ad atterrare sulle zampe, la fetta di pane imburrata tenderà a cadere dalla parte del burro. A questo punto si creerebbe un moto di caduta perpetuo, per cui sia il gatto, sia la fetta di pane, continuerebbero a ruotare all’infinito, senza mai toccare terra.
Paradosso del gatto imburrato è un monologo sull’orlo costante della caduta, è un inno alla bruttezza e al fallimento, è la violenza dello sguardo nella vita degli altri.
L’attrice, sola in scena, narra i tragicomici avvenimenti della (propria?) vita, chiamando in causa il pubblico, ma senza lasciare ad esso spazio di risposta, in un dialogo ad una sola voce. La struttura non è lineare ma si sviluppa secondo un andamento onirico, dove una bolla dopo l’altra vediamo tornare degli elementi, a volte trasfigurati, che ci accompagnano nella narrazione. E la protagonista cade di volta in volta in tutte queste bolle.
Ma quanti modi ci sono per cadere? Quanti tentativi per rialzarsi? Come si relaziona lo sguardo a queste cadute? Perché siamo tanto attratti dallo spazio intimo di donne e uomini che non conosciamo?